VI Seminario di Ecologia Alpina: com’è andata

Lo scorso 13 marzo si è tenuto online il VI Seminario di Ecologia Alpina firmato Veneto Agricoltura e AsFaVe. Dopo i saluti iniziali di Stefano Barbieri (Veneto Agricoltura), Francesco Scarton (AsFaVe), Giustino Mezzalira (Veneto Agricoltura), Orazio Andrich (Ordine dei dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Belluno) e Franco De Bon (Provincia di Belluno), hanno avuto inizio le presentazioni dei relatori, delle quali vi riportiamo in seguito i punti salienti.

 

“Michele Bottazzo – MONITORAGGI FAUNISTICI DELLA FORESTA DEMANIALE DI GIAZZA (VR/VI) 25 ANNI DI RICERCHE SU FAGIANO DI MONTE E CAMOSCIO.

Bottazzo ha parlato del suo monitoraggio a lungo termine, necessario data la scarsa conoscenza delle specie alpine in fascia prealpina. La prima specie target: il camoscio, in espansione agli inizi del monitoraggio. I dati raccolti hanno evidenziato una tipica fase di espansione iniziale con crescita esponenziale nei primi 15 anni; a seguire una fase di stabilizzazione e negli ultimi anni un calo, segnato da un andamento altalenante, apparentemente strano. L’andamento degli ultimi anni è plausibilmente correlabile all’espansione del lupo nell’area e nel periodo interessati. L’arrivo di questo nuovo predatore comporta infatti una fase di assestamento di nuovi equilibri preda-predatore, probabilmente ancora per qualche anno, trovando poi una stabilizzazione. Passa poi alla seconda specie oggetto di monitoraggio: il fagiano di monte, specie più monitorata nelle zone di caccia, meno studiata nelle zone protette come quella oggetto di indagine. Il censimento degli individui di questa specie è stato fatto in due aree e con risultati diversi, probabilmente correlati all’andamento dei rispettivi habitat. In entrambi i casi infatti c’è stato un aumento della vegetazione arboreo-arbustiva negli anni, ma con differenti gestioni: dove c’è stata un’intensa attività di taglio del mugo c’è stato anche un aumento della popolazione di fagiano di monte, dove l’attività di esbosco manuale è stata meno intensa invece, un calo. Risulta chiaro quindi grazie al monitoraggio di Michele Bottazzo e collaboratori che una corretta gestione degli habitat è utile per preservare questa specie. Aggiunge inoltre un appunto sull’utilità dei monitoraggi a lungo termine, anche in un’ottica di osservare l’evoluzione dell’area di studio, soprattutto in un periodo come questo soggetto a cambiamenti climatici.

 

 Spada, E. Vettorazzo, S. Malavasi – AGGIORNAMENTO DELLA DISTRIBUZIONE DEI MESOCARNIVORI NEL PARCO NAZIONALE DOLOMITI BELLUNESI

Ha presentato Arianna Spada, illustrando i dati raccolti grazie a vari progetti e collaborazioni negli anni 2019-2021 (in corso) prevalentemente grazie al Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e al Progetto di Dottorato di Arianna Spada. Le specie di mesocarnivori rilevate sono 8: tasso, donnola, ermellino, gatto selvatico, puzzola, martora, faina, volpe. Per tutte le specie c’è stato un incremento dei dati disponibili e delle conoscenze distributive delle specie, colmando lacune e confermando dati di presenza. Particolarmente interessanti i nuovi punti di presenza anche a quote relativamente basse per la martora e la puzzola. Grande successo del monitoraggio per le conoscenze sul gatto selvatico: il quadro distributivo della specie è più ampio di ciò che si pensava, con accertata riproduzione nel 2020 nel Parco grazie alle riprese di una femmina con cuccioli, anche nei mesi successivi. Pochi dati per ermellino e donnola, specie per cui sono necessarie indagini più mirate. Arianna Spada ha parlato anche del fototrappolaggio, tecnica utilizzata per la raccolta dati, come idonea per questo tipo di indagini sia per quantità di dati per quantità di sforzo e tempo. Infine, ha rivelato che questi dati possono essere la base per il futuro Atlante dei Mammiferi del PNDB.

 

Fabio Dartora – PROGETTO PER LA GESTIONE PROATTIVA DEL LUPO ATTRAVERSO CATTURA E TELEMETRIA SATELLITARE.

Lo scopo di questo progetto è quello di sperimentare tecniche innovative per prevenire l’attacco di grandi carnivori e mesocarnivori ad animali da allevamento. Come ha spiegato il Fabio Dartora, il piano prevede l’attivazione di recinti virtuali e sensori di prossimità quando il predatore con radiocollare si avvicina al bestiame, evitando quindi l’eccessivo avvicinamento grazie ad una serie di dissuasori. Il tutto inizia con raccolta dati di presenza di lupi nel territorio interessato, per cercare di individuare l’area del branco. Quindi, nel mese prima della cattura avviene un monitoraggio intensivo per poter catturare un individuo, e data la complessità dell’operazione si raccolgono dati il più possibile precisi. Vengono piazzate fototrappole e lacci fino a riuscire a catturare l’esemplare. Il protocollo per la cattura è molto preciso ed è necessario per intervenire tempestivamente. Dopo la cattura all’individuo viene messo un radiocollare, vengono monitorati vari parametri e prelevati campioni per controllare il suo stato di salute. In seguito il risveglio in cassa e la liberazione. Nel periodo successivo avviene il monitoraggio degli spostamenti, oltre che al controllo delle aree di sosta, dove si possono trovare segni di predazione e raccogliere quindi anche dati sulle prede e la loro salute. Grazie a questo progetto si possono ottenere anche altri dati utili come i km percorsi giornalmente, i siti di predazione e la tipologia delle prede, potendo fare quindi anche un’analisi d’impatto sulla selvaggina.

 

Lucio Bonato. ENDEMISMI POCO CONOSCIUTI NELLA PICCOLA FAUNA TERRICOLA DELLE PREALPI

Lucio Bonato ha parlato nella sua presentazione di un gruppo di sanguisughe terrestri del genere Xerobdella. Pochissimo si sa di questi animali, tra cui alcuni aspetti della loro morfologia, il fatto che si muovono prima dell’alba o con la pioggia, e che hanno rifugi stabili che ricordano e a cui fanno ritorno. Grazie alla presenza di ventose, il loro movimento è quello tipico delle sanguisughe, ma non succhiano il sangue, bensì sono predatori abbastanza specializzati di lombrichi. Bonato ha raccontato alcuni aneddoti su questi animali, tra cui il fatto che in passato si pensava fossero ematofagi e quindi che potessero parassitare salamandre alpine, cosa riportata ma non accertata o documentata, che quindi rimane un punto di domanda. Ha parlato poi della loro riproduzione e dell’assenza di analisi genetiche che accertino la distinzione specifica ad oggi basata sulla morfologia. Il relatore ha lasciato tutti con una riflessione: c’è molto altro oltre alla fauna più popolare; vi sono infatti animali altrettanto ecologicamente rilevanti per la loro scarsa mobilità e il loro legame al territorio che li rende capaci di differenziarsi all’interno di piccoli areali e quindi molto importanti da studiare.

 

 Bombieri, N. Tormen, C. Augugliaro, E. Ruzzier – CONSERVAZIONE DELLA Salamandra atra: STRATEGIE E GESTIONE FORESTALE DOPO VAIA IN CANSIGLIO.

Giovanni Bombieri ha presentato la specie e le principali minacce a cui è sottoposta, tra le quali esbosco con mezzi pesanti e sviluppo di strutture turistico-sportive. Obiettivo dello studio presentato è stato quello di capire quali fattori ambientali determinano l’ecologia della specie a fini conservazionistici. Grazie a una campagna di raccolta dati e monitoraggio su campo svolta nel 2019, sono stati raccolti dati su diversi individui tra cui la dimensione, utile per classificare in classi d’età, il peso e la larghezza del capo. Importanti anche i fattori ambientali considerati quali temperatura, umidità e piovosità medie. Riporta poi i risultati, illustrando i fattori ambientali che influenzano l’attività per classi di età e sesso. Il relatore ha spiegato come il lavoro non sia ancora concluso ma i mesi di monitoraggio (giugno-settembre) si sono mostrati essere periodo di attività della specie e grazie alle prime analisi sembra che diverse classi di età rispondano a diversi fattori ambientali. Umidità e temperatura inoltre sembrano essere i fattori che incidono maggiormente nell’attività della specie. Ha concluso quindi suggerendo che l’utilizzo di mezzi pesanti ai fini di esbosco dovrebbe considerare questi fattori per ridurre la probabilità di schiacciamenti degli individui attivi.

 

Da Pozzo, C. Lasen – PRIME OSSERVAZIONI SUL PATRIMONIO FORESTALE E FLORISTICO DELL’ALTO AGORDINO DOPO LA TEMPESTA.

I relatori hanno introdotto la loro presentazione con alcune considerazioni sull’impatto e le modalità di azione della tempesta VAIA nell’area interessata, facendo notare alcuni aspetti, tra i quali la monodirezionalità sugli alberi caduti, indice di mancata turbolenza nella tempesta, e l’attività sottocresta del vento di caduta che, come ha spiegato Da Pozzo, è stato violentissimo. Passando agli aspetti botanici, Lasen ha parlato della inaspettata e stupefacente proliferazione a seguito della tempesta di alcune specie presenti nell’Alto Agordino come Critically Endangered. I relatori hanno sottolineato anche come sia difficile fare previsioni sull’andamento futuro dopo una tale tempesta, ma sono state fatte alcune considerazioni di carattere gestionale post-Vaia: una gestione con un impatto rilevante, in cui sono state aperte nuove piste, anche su zone umide; come risultato l’impatto creato dal prelievo del legname in alcuni casi è superiore a quello causato dalla tempesta. I reimpianti non saranno necessari secondo i relatori, e la ripresa avverrà gradualmente e più in linea con la vocazione naturale dei versanti coinvolti. Aggiungono “La natura trova sempre le soluzioni”, e sebbene saranno necessarie decine di anni è auspicabile sfruttare questa come un’occasione per studiare meglio questi fenomeni di ripresa e rinnovamento dei boschi. Concludono quindi esortando a non farsi trascinare troppo da “questioni produttive”, dando modo e tempo di fare una pianificazione più lungimirante anche per tutte le altre funzioni della foresta.

 

Gabriele De Nadai – PROGETTO PILOTA PER LA TUTELA DELLA BIODIVERSITA’ DEI PRATI A NARCISO DELLA DORSALE DI COL D’ARTENT (BL)

Gabriele De Nadai ha iniziato la sua presentazione introducendo l’habitat oggetto di studio, con foto di bellissime fioriture di narciso. Queste fioriture fanno parte di praterie secondarie, falciate regolarmente. Sono tra gli ecosistemi più minacciati d’Europa. De Nadai ha sottolineato come in questi prati siano presenti fino a 3 volte più specie che in un bosco di faggio. Oltre che per la loro biodiversità, queste aree sono preziose per il foraggio, il turismo e il sequestro di CO2, ma sono minacciate dal rimboschimento, dai cinghiali, dalle specie infestanti e dal comportamento di coloro che sostano in questi prati, parcheggiano o addirittura raccolgono narcisi. Inoltre, è necessario uno sfalcio mirato e regolare per il loro mantenimento. Il relatore ha introdotto quindi il progetto per la tutela dei prati a narciso (2019-2023) che prevede non solo azioni per la conservazione ma anche monitoraggio degli effetti prodotti, con l’obiettivo di fornire un modello efficace, e tutela, grazie anche alla divulgazione e all’informazione alla popolazione e alle istituzioni. Oltre a programmi di sfalcio, sono state istituite giornate della biodiversità per togliere a mano le specie infestanti e dissuasione del cinghiale con recinti elettrificati selettivi, che limitano alcune specie e lasciano libero accesso ad altre. De Nadai ha concluso con risultati positivi sulle fioriture dopo il primo anno, che saranno però da confermare nelle prossime annate.

 

Ha fatto i saluti finali Michele Cassol, che ha iniziato ringraziando tutti i partner: Fondazione Unesco, Ordine dei dottori Agronomi e Forestali della provincia di Belluno, Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e Parco Naturale Regionale Dolomiti d’Ampezzo, Provincia di Belluno, Società Veneziana di Scienza Naturali e Aigae.

Ha chiuso quindi con una riflessione in cui ha elogiato la varietà degli argomenti trattati, dalla fauna di vertebrati a quella di invertebrati, ma anche flora e vegetazione. Michele Cassol ha fatto notare come negli anni si sono trattati sempre più aspetti gestionali e applicativi nel Seminario di Ecologia Alpina, il che denota i frutti che la raccolta dati e il lavoro sul campo danno, avendo poi degli importanti risvolti applicativi. Ha sottolineato i ruoli importanti di università e parchi e come sia emersa in tutti gli interventi la necessità di monitoraggio e pianificazione”.

 

Il Seminario di Ecologia Alpina sta diventando ogni anno un appuntamento sempre più atteso, che in questa sesta edizione ha visto la partecipazione di circa 230 persone per tutta la sua durata.

Un pomeriggio ricco, al termine del quale ci si ritrova con una lunga lista di appunti, note e spunti che non si vede l’ora di approfondire e applicare alla vita quotidiana. Come è stato detto dal dott. Cassol in chiusura, in questo appuntamento abbiamo visto anche la soddisfazione che danno i sacrifici sul campo e il duro lavoro di raccolta dati, quando poi incontrano risvolti applicativi utili ed interessanti sia per la comunità scientifica che per il singolo cittadino. Sono occasioni queste, non solo utili per aggiornarsi sulle novità e scambiarsi delle opinioni, ma che ci ricordano anche l’importanza del condividere i nostri risultati, del confronto, e che portano all’accrescimento reciproco. Al termine del seminario era percepibile l’atmosfera di rinnovata motivazione ed entusiasmo nel rimettersi all’opera.

Nell’attesa di tornare a vederci di persona, con il piacere di fare due chiacchiere e stringerci la mano, ringraziamo tutti i partecipanti per il loro interesse e invitiamo tutti a seguire le nostre iniziative sui nostri canali social e sul nostro sito web. Per voi e per chi non ha potuto essere dei nostri, rinnoviamo l’invito a partecipare alla prossima edizione del Seminario.

 

 

a cura di Giada De Zen

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